“Mulholland Drive”, Review
Mutevole e sbiadita la vita onirica s’attorciglia, plana scevra da inibiti castighi della mente, impera squarciante e trapezista, elefantiaca è selvaggio Cuore!
Poesia…
Un bambino beve il latte, lo succhia avido d’un materno seno a innaffiato aroma virile strozzato,
gemendo si latra svezzato, adulto ipocondriaco già d’infanzia corrugata,
venereo Peccato e originari, alterati sensi strizzati,
nel Mondo barcollerà, vacillante è nei capezzoli domato,
grinfie e arpie, castità e affranto pudore,
dolori e inebriate febbri, femmina in corpo d’Uomo,
domani maschio in potere supino,
poi ancora come noi nei supplizi, unto e sporco, puro e stronzo,
come tutti…
Poesia ch’è follia, qui fra questa vita in cui v’è sol la certezza che il labirinto è sempre all’erta, i suoi grovigli non districhi,
un altro intrigo spalanca le “porte” delle sue fauci, famelici son gli sciacalli voraci,
la tua divina amante scopri puttana, affidati al “cubismo” per astrarti dal soffrire,
ma piangi e ridi pagliaccio ché l’inquietudine tua innata non freni.
Anche tu, carne, metafisica, sogno ed efferato incubo nell’anima disssacrata,
or che la linea d’ombra è superata e di quest’umana condizione sei identico alle altrui filastrocche disumane.
Filate di zucchero, amare di ricordi, malignità dappertutto, eruttati dentro, vivila e gustala,
succosa è la Natura della Madre, l’origine ignota dell’antropocentrico “lutto”.
Mio bimbo, stringimi la mano, ti porgo un giardino prelibato, navigavi libero e attento al lupo,
anche per me i mostri son spauracchi, a Los Angeles le fattucchiere attentan d’occhi benigni
e poi turlupinano la tua verginità da strega. Attanagliala e sii fiero,
ché i ferini feriranno e il tuo amore è vano,
ché la vita si spezza, si mangia e poi t’angustia,
allegro estemporaneo e in un attimo già stanco.
Poesia è delirio come l’assoluto capolavoro del Lynch innovativo.
La sua vera leggenda parte da qui. L’adirato Cinema lievissimo, intoccabile, perfezione cromatica tra plumbee luci di magia leggera,
sonnecchiar e risvegliarsi di vetta. Chi sei o (i)eri? Ospite, mia regina e leonessa, d’una Hollywood dai boccoli d’oro a divorarti in un sol boccone!
Ossessione hitchcockiana. Anch’io ne son “malato”. Alfred tutt’ora m’ammalia, prigioniero e suo schiavo, ammirerò infinitamente prostrato le sue immagini d’urticante, lustratissima, cangiante, spettral nitidezza.
Perdiam le strade, ma ameremo ancora la (nostra) Donna che visse due volte? Ah, che vertigini!
Di Mulholland anche troppo s’è scritto, idolatrato, osannato e incensato, a fiume lo s’è perfino “incendiato” in icona troppo adorata,
ma voglio io pronunciarmi in merito, non sfuggendo alla tentazione irresistibile d’“assordarmene” nel suo incanto a tuonar! D’eternità!
Il nuovo “Twin Peaks” del Millennio, concepito così… per l’ABC. Insoddisfatta dalla tua complicatezza, bloccato fu. E ti han sba(di)gliato.
Ma Lynch non s’arrestò, amplificò il “concept” e follemente, appunto, lo (ri)girò.
Saltando di palo in frasca, accordando le scene nella malia delle sue “anomalie”.
David sceglie due “attricette”. La prima, Naomi Watts, assurge a diva dall’anonimato, Laura Harring invece rimane una bellissima mora troppo sexy per essere “imp(r)egnata”. Silencio, ti voglio!
Il mito della mania-Lynch è la “cinefilia” di chi vien da Mulholland folgorato e immemore delle sue altre perle, invero parimenti stupende.
Ma il Mondo è una Drive pazzesca, il resto è superfluo.
Se chiudi gli occhi, attento al “barbone” nel mezzo della Notte.
(Stefano Falotico)