Ho sempre pensato di essere un cane… di paglia e invece mi scop(r)o Tom Cruise di Rain Man, il cielo è sempre più blu e l’uccello sempre più…
Se c’è stato Un Amleto di meno di Bene, perché io non posso menarmelo e, di mele, essere He-Man d’imeni e tante mani?
Vi racconto questa perché è una stronza(ta) clamorosa ma, suonandole il “clacson”, sì, lei mi respinse ma glielo “spinsi” di “pompa”, fu una stazione di “(ser)vizietto” con la rottura di cazzo di mio fratello ch’è un po’ a marc(i)a indietro…
Comunque sia, dopo la prima sbandata, è una (t)rombata, fidatevi.
Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il pornoattore.
Sì, Henry Hill di Goodfellas mi fa un baffo.
Su quella battuta epocale, si apre il capolavoro di Martin. Il colore dei soldi, non sottovaluterei però quello “spaccone”…, e la Golino ha un ottimo culo di tue palle in buca…
Su quella “battona”, invece si aprì il mio… su Valeria? No, su Valeriana, famosa donna alla camomilla, che sembra candida e invece te lo “rilassa” d’un “tè” rovente con tanto di cubetti ghiaccio. Insomma, una cagna. Le cagne hanno delle belle mamme(lle), infatti, da lupo “pastore” tedesco, strizzai pure i capezzoli della sua genitrice lupa, che (v)u(l)va, in “doppio” geni(t)ale volp(on)e da “autistico” mandrillo, sempre rizzo, per gustarmela più (im)mobile, si chiama calcio in “mezzo” che ti rende “senza p(a)role”, ma anche, e che fianchi, da belloccio che molto le ciuccia e assai se lo sbaciucchiano.
Fu una sudata, e me la vidi “dura”, tra “piani-sequenza” di lei che mi prese la “pistola” e, di “grilletto”, si sparò una botta di “canna” dopo l’orgasmo nel colpo lento-secco su fisico asciutto, poi “asciugato”, col torso e una scorza mia ancor tosta da cazzo su testa di faccia da culo scocc(i)ante, croccante…
Sì, da quando “scoprii” di essere più dotato di Mark “Boogie Nights” Wahlberg, la vita andò sul “velluto”, molto a puttane, e oramai vivo 15h su 24 a metterle a novanta. È il mio vanto e “fischietta” nel vento, fra squirt scivolanti, blowjob schizzanti, alcuni “die hard” di donne troppo ost(r)iche, ché te lo sgusciano-“guar(n)iscono” quando s’è già ammosciato e devo, “volente”, v(i)olante o nolente, bollente o (s)cremante, ricaricar le pall(ottol)e.
Me le fotto didietro di gambe(ro). Sofficemente spal(m)ante, fottutamente stronzo. Alcune amano quando le amo “violento”, con altre son più dolce.
L’importante è il tiramisù. E inzupparlo come un “amaretto”. Basta non pagar lor le bollette. Ah ah, ci son le bollite. Quelle son vogliose e subito voglion bollartelo di tante lor “acquoline” e di sapone bolle in pen(tola). Te “la” cucinano ardente, “al dente”, attenti che non ve lo dobbiate poi (s)cucire (de)cadente. Altrimenti, diventa penosa. E, più che “sgocciolare”, sarà crepuscolare. Più che “muscoloso”, sotto i ponti ma con un’arcata gengivale di bava senza denti. Diciamo, l’inverno del “vostro” (s)cont(ent)o. Altro che sospiri, una tragedia da “puro” Shakespeare.
Comunque, alla Cucinotta, ho sempre preferito scopare nel cucinotto.
Zitta, donna, tienimelo dritto e (s)tira!
Comunque sia, “va”. Fra marette, a manetta e soprattutto a “min(chi)a” nelle vacanti su mia bomba “v(i)ag(g)ante”. Volteggiante, di zucchero a velo, ecco l’uccello che (s)piove da lassù e, a 360 gradi, riscalda il pelo irto come un asciugacapelli “elettrico”. È quello che conta, ma non mi pagano. L’offro gratis et “amore”, loro me lo grattano, talvolta lo graffiano e altre son giraffe. Di “mio”, ho sempre preferito le gambe da pantere nere alle lattee cosce da fenicotteri. Sì, molti omosessuali camminano poi a papera e, più son paperi, più io “vengo” Topolino nella to(p)pa, navigando nell’“oro” del b(a)locco fra qualche sesso goofy alla Pippo e farmi una pippa nelle (albi)cocche. Sempre meglio degli psichiatri, quelli fuman le pipe, mentre io me le “fumo”. Sì, il (ta)Bacco rende il can(to) allegro più d’un negretto, mi piaccion anche quelle a mandorla. Voi mi prenderete per una scimmia ma, fra un’arachide, una racchia di striscio e il “darlo” succoso come il dattero, io son “Dante” d’Inferno a tutti voi, invidiosi dei miei “gironi” da purganti. Basta col Purgatorio, “sale” in Paradiso. Comunque, uso il profilattico assai “spesso”, sì, quando è così grosso, “spacca” e potrei far (d)an(n)i in qualche “part(it)o” d’inseminanti girini. Se vorrò un fig(li)o, lo farò “artificiale”. Di “mio”, mi tengo vivo e vegeto, chiaro robot? Per “quanto” sia tanto, è altresì d’amianto e a ogni marito cornificato son pian(t)o, (a)scendente poco ascetico eppur spermatico-sparato. C’è chi lo prende in culo e voi “imboccatevelo”. Provate a chiudermi la bocc(i)a e non perderò la (b)rocc(i)a. “Montagnoso”, “scosceso” fra lo scoscia(r), “staccarlo” con lo scotch di st(r)appo e lo scrollarlo, “declinarlo” in lor desinenze urlanti, talora urinante, nelle “scroscianti” e sulle valli “bagnate”. A ognuno la sua (s)figa, di “mio”, è te(r)so, verdeggiante tra donne solari e (s)fiorite, tra quelle perforate e me lo farete “nero”, trivellandomi di (petr)olio.
Sapete che vi dico?
Pigliatevelo!
E salutami tua madre. Ci provò con me ma (non) si beccò un cazzo…
E, sul dubbio, ti lascio al buio.
Essere o non essere?
L’importante è partecipare?
Di “mio”, so che importa-esporta e penetra, “entrandoti” (in)dolore senza che tu te n’accorga.
Ai tonti in fallo contro di me, ho sempre preferito farmele.
E il piacer mi facciano!
Ora, ficca Rino Gaetano e bevitela…
Per (s)finirla, molte donne dicono che non assomiglio a Tom ma a Jerry. A Buckley Jeff, il cantastorie melodico-malinconico, preferisco sempre “quello” di Berta filava…, più autentico, euforico, insomma un “topo” alla Falotico.
Chi fa il contadino, chi spazza i cortili… chi ha fatto la spia?
E chi s’è fatto Pia?
Porta?
No, sei da “riporto” e lascia stare il mio ciuffo… me le faccio anche sotto i por(ti)ci.
Mangi(an)o la banana?
No, il melone. Che sta per “zucca” e insopprimibile testa di cocco.
Ricordate: il cocco, essendo di “coccio”, ama il “fondente” e son fetente di “tiro” fendente in quelle al cioccolato e in te spappolato tremendo.
Se non mi hai capito, mi basta che ti sia piaciuto. Tanto, oggi a te, domani sempre a me.
Comunque, la canzone più sincera del grande Rino è questa!
Perché mio fratello è figlio unico.