“Strange Days”, Review
Sono strani giorni, fratello
Sommersione, brada astrazione, sesso virtuale, mnemoniche capsule di droga artificiale in una realtà allucinata.
Sfreccian, sì, le memorie candide dell’ormai afflitto, austero Ralph Fiennes, Lenny Nero, nomea che incute timore, vampiro silente nel frastuono del last day on earth. Invero, fa paura solo al suo spettro.
Fuochi artificiali, vagabonde meteore squilleranno ad annunciare l’imminente apocalisse. Una latitanza delle emozioni, sonnecchianti, sfilan rimpiangendola, ninfa virginale di Sesso “sacrale”.
Juliette leccava il tuo pene e te ne sguazzavi, adulto “pedagogo” dell’adirarla in vulcaniche suppliche dai corpi miscelati nelle furie sconfinate, nella giovinezza tua più esperta, da Uomo, in Lei maledetta e spogliata in benedizione estrema.
Sgorgandovi, setosi in sanguinario strapparvi, quel romantico Lenny hai sepolto nell’inconscio appassito, sei ingrigito e, ai bordi soffocanti della tua periferia emozionale, gemi solitario, “ingozzato” di colazioni fredde, di mattini opachi, d’aritmie a un Cuore spezzato per sempre.
Nichilismo tuo al Diavolo consacrato, gironzoli miserabile nello “spacciar” sogni d’altri “perduti”. L’Uomo e le sue nebulose, pianta rampicante delle dedaliche ipofisi, sinaptici traumi addolciti nel “ferirsi”, taglientissimi, con l’ovatta del rabbonirsi apparentemente, invero soffrire in più screziato, sventrante letargo dell’anima, rabbonita nella rimozione per non patirla… la vita nella sua “asfittica”, dunque crepuscolar Bellezza. Ché vivere è gioire nel piangere e non pentirsene mai, rinascere a ogni alba, impeti racchiusi nello scheletro della maschera sociale, la costrizione che inganna, scanna, scheggia e tu la schivi, menti soprattutto a te stesso nell’illusoria, fintissima estasi d’una pace dei sensi futile e afflittiva nel doppio taglio ipocrita, specchi fantasmatici delle vigliaccherie nel riflesso altrui “identico” anche quando, a prima vista, remoto e non affine, il tuo nemico è tua duale medaglia di stessa faccia. Sembra cattivo, il buono non sei tu, ti credi (nel) giusto, forse troppa boria trasforma l’anima nel mostro “autarchico” della più pericolosa presunzione. Perché poi ti (ri)svegli, “odi” i polmoni scricchiolar già di viso tuo sgretolato, invecchiato, di rughe terrorizzanti, il Presente non esiste, è un’immagine che non (ti) co-incide. Eppur t’attanaglia, vivere o morire, questione del sentire o svenire, rapi(na)ti come tutti dal futile o dall’automa degli “adattati” ingranaggi. Robotico, vivi ad arancia meccanica, “mani legate” per non urlare la latente irrequietezza.
Oh, lattante… Gulliver, siam tutti schedati dalla nascita e devi nasconderti proprio “esibendo” il tuo sorriso più (com)piacente. Fottuta ruffianeria per conservare la temperatura e gli equilibri a crash tenuto a freno, altrimenti impazzisci come Jack Torrance se nello shining la vedi di pasto nudo…
Qui, siamo già nella cosmopoli del nuovo cazzo di Millennio di merda. Poltiglie umane. Pastiglia e guerriglie. E non si capisce un cazzo ché scopi mica felice. Giuri fedeltà ai valori e ti tradiscono da Giuda più bastardi, rispetti la “semaforica” e ti foran d’escoriazioni, investendo i segnali stradali del rispetto.
Questa città è una giungla, metropolis che ti mangia vivo. Acceleri d’azzardo e t’asfaltano, ingigantisci la tua “onnipotenza” a Dio sceso in Terra ed è solo una geniale stronzata di auto-incularti da scemo del villaggio.
E dove vai? Indietro no, avanti chi lo sa cosa ci sarà se potrai, già troppo sentire oggi mi ricorda che sto morendo. Robusto di fisico, di mente distrutta, disossato nel sangue, pasticcio come tutti di errori, vie traverse, “alternativa” all’evidenza che sei, “marchingegni” posticci per instillarsi un po’ di felicità alticcia, ma è sol che più potenziata sofferenza di striscio. Sganciato il “Play”, sei fermo al nastro di partenza, però panta rei ed è una Via Crucis senza fine. Non finirà, dormi, ti rannicchi, accovacciato “stupri” anche il piacere, ché nella superficie ti sembra d’affogare, fuggi nel Mondo irreale che è meno virtuale d’una società schizofrenica, il collasso nervoso induce a dormirsela. A chiudere gli occhi, strangolare le palpebre delle vene più vive, afferrare il Big Bang e farlo esplodere di vuoto esistenziale.
Placare l’evoluzione, tanto non cambierà in meglio. In peggio, nella barbarie a ogni angolo, a ogni “svolta”, vicolo cieco, sprazzi di lucidità, follia totale, sei l’unico sano di cervello fra i matt(ato)i, infatti gli… ess(er)i vivono e tu sei “morto” che ama, vuol riamare, non può riaverla, si tuffa nella “finzione” delle immaginazioni, in congiunzione coi neuroni depressi, deperiti, apatici e anchilosati, forse non esistono più e tu sei un fantasma, come le altre “comparse”. Che macello!
Lenny, sai che assomigli tanto a Travis Bickle? Quella “prostituta” si chiama Iris… Metacinema anche nell’attingere d’intuizioni allo Scorsese dostoevskijano, non Paul Schrader “in cabina” di sceneggiatura ma “abitacolo” del Jay Cocks da età delle innocenze post-Gangs of New York… nella camerawoman, gran Donna, della Bigelow più James Cameron quando davvero sapevan far(si). Che coppia. Beato James, beata Lei.
Beati tutti, stronzi vaffanculo! In Pace di Cristo, crepiamo! Ci cremeranno, ma ne sarà valsa la trombata di trip.
Dalla Big Apple a Los Angeles, la fabbrica appunto dei sogni. Ma il Mondo è Paese, un-a capitale vale l’altro…/a, tutti/e uguali. Lei è come tutti gli altri!
Lenny, vendi questa “sostanza” per ricreare d’impianti i rimpianti di tutti nel salvarvi dal Tempo…
Non è Apocalypse Now, non è the end… ma Jim Morrison sempre c’è immortale! In un’altra storia, altre memorabili… strofe, per non dimenticare di (non) aver vissuto!
Strange days have found us
Strange days have tracked us down
They’re going to destroy
Our casual joys
We shall go on playing
Or find a new town
Strange days have found us
And through their strange hours
We linger alone
Bodies confused
Memories misused
As we run from the day
To a strange night of stone…
Il malessere non si cura con le medicine farmacologiche. Piglierai il tuo cowboy al balzo del lazo, e reciterai da solo un Dici a me?
Di mio, sonno Lenny Nero, e ho anche il neo alla Bob De Niro.
(Stefano Falotico)