“The Majestic”, Review
Alla Ricerca del Tempo ritrovato, attraverso i sogni
Quando, spesso sconsideratamente, si cita Jim Carrey versione “drammatica”, lo si celebra e lo si loda anche più del necessario per il suo esordio “serio” in The Truman Show e per il fregolismo di Man on the Moon. Perché giudicato attore “autoriale” per due grandi, imprescindibili firme, Peter Weir, il carpe diem cineasta dei sogni eterei, mai da smarrire, della poesia e dell’adolescenza anche quando rescissoria subentrerà la falsa coscienza “adulta”, raffreddandoci nella spirale coercitiva, blindante delle irrespirabili “ferree etiche” adulte, spesso più retoriche del Weir stesso che difetta talora di utopia “irrealizzabile”, d’eccessi troppo fantasiosi nello svolazzar onirico e d’anacronismo sdolcinato in alcuni suoi fotogrammi “letali”, e per Milos Forman, cantore della “follia a tutti i costi” in una società che spezza proprio le anime più “libertine”, più lucide, più vive e non “adatte” ai freddi parametri del circo(lo) osceno. O non paracule. Ma quasi mai, almeno io non me lo ricordo…, si va a parare su questa perla. Sì, lo è e sfido chiunque a sfidare le emozioni autentiche che trasmette, forse un po’ retrò, dunque “ingenue”, appunto fuori moda e non in sintonia con le chiacchiere dell’isterico, frenetico “Cinema” sparatutto, superficiale e cinico che va tanto di moda oggi. Ah, la “grancassa” combina danni e sporca le purezze. In quanto il Cinema nasce come evasione, come fuga, come interpretazione e Sguardo di chi lo filma nelle sue percezioni non solo oculari ma proprio “animistiche”, ché non è una macchina da fabbricanti della plastica, dev’essere un tutt’uno con l’essenza vitale, palpito magico nell’inconscio “violentemente” accecato. Non esiste nulla oltre la realtà? Invece, il Mondo esiste proprio superandola, per chi ha il coraggio di non appiattirsi da pigro. Qui, consta la sua grandezza, nel far combaciare anima e sangue, respiri a tacerli nelle bugie “incorporate” a tutte le altre maschere, al non sentirlo in base all’oggettiva metrica di tutti gli altri. Bensì renderci nostri, tutti diversi. Quindi, più è appariscente, dunque ingannevole per circuirti nel fartelo piacere, più per me è scoria già scartata. Questo The Majestic invece va proprio scartato come un dolce regalo. Ed è a tutt’oggi il film con l’interpretazione davvero più raffinata e complessa di Jim Carrey. Secondo me, il ruolo di tutta una vita, al di là dei tanti incensati Andy Kaufman e Gondry vari con Charlie di cognome omonimo in cabina di regia delle amnesie cervellotiche eprogrammatiche vite “meravigliose” alla Frank Capra emulato di furbizia. Frank Darabont va oltre gli sperimentalismi sovradimensionati da intellettualotti “d’avanguardia” in brodo di giuggiole per i “poliedrici” incastri. Cinema questo che, posso dirvelo, che reputo di polistirolo. Con qualche eccezione, sia inteso. Non facciam di tutta erba un fascio. Sono più fascisti quelli chic degli sciocchi. Non ci piove, a prescindere! Nel 2001, esce questo film e non incassa nulla. Un fallimento su tutti i fronti. Pochi lo guardano, l’Academy lo snobba e anche molta “Critica” l’archivia in fretta e furia. Accanendosi nel banalissimo liquidarlo con altre frasi di “prefabbricato”: “Mieloso, prevedibile, già visto, consolatorio e tanto classico da far pena…”. Mah, rimango sconvolto, scosso e anche il mio cane latra di rabbia. Devo accarezzarlo “a garrese” perché non rizzi il pelo e non “monti” di tutte le furie. Ah sì, il mio cane adora le cagnoline, è eterosessuale “incagnito”. Non ridete, anche gli animali hanno qualche tendenza effeminata. Pensate ai Carlini di Marina Ripa di Meana. A forza d’esser imboccati da una così, han perso l’istinto del loro conclamato “rigoroso” (s)tirarle ritti “a pecorina”. Sì, Marina li ha rasati troppo, han perso il “lupo” dei loro vizi… Adesso, quei Carlini mangian fragoline e, causa la toilette esagerata, non zuccherano però son zollette sempre tagliate da castrati. Il mio cane, per fortuna delle “sue”, ha un padrone che lo sprona da cinofilo duro e gli dà da mangiare bocconcini di cinefilie perché non smarrisca il gusto del clap clap e dell’inchiappettare. Sono Ace Ventura, mentre voi scopate “a pappagallo”. Le mie “pappardelle” condisco di speck specialissimo, in modo spiccato, alto e piccante. La ricetta per far l’amore di prelibatezza da sane canaglie e non poi inacidirsi il fegato nel (non) mettere in becco su tutto e, di sbiechi, non beccarle e perciò divenir “in cagnesco”. Torniamo al film di Darabont. Anni cinquanta, uno sceneggiatore entra in lista nera. Messo a novanta dal maccartismo. Non lavora, di livori s’ubriaca, suda freddo le ire, di sinistro stradale riagguanterà miracolosamente la sua lost highway. Riprende coscienza e si sveglia in una cittadina in cui credono ancora alle favole, ma ha perso appunto la memoria. In questo film, a mezza via fra Non ci resta che piangere e Ritorno al futuro, il nostro Jim entra “sereno” nello scambio di persona. Non sapendo più in effetti chi è, intontito scemo e più scemo, accetta l’equivoco(in)consapevolmente d’esser preso per un eroe di guerra che pensavano tutti morto. Invero, Jim è sveglissimo. Più di voi, dormiglioni. Ma non vi svelo altro… il Cinema non va mai dimenticato… se è crollato, basta restaurarlo. E sarà migliore di prima. Jim stesso migliorerà, anche nel filodemocratico, rimanendo “credulone-coglione” come prima. Perché i sogn(ator)i non devono cambiare, semmai evolvere la (di)rotta, e dovete crederci di nuovo. Modernissimo. Brillante, spumeggiante! (Stefano Falotico)