La preda perfetta, recensione

La preda perfetta 3

Ulula il tempo temuto, scolpito fra le palpebre d’occhi c(in)erei, cinici, d’oltretomba(li), ballonzolanti nell’atmosfera, tempo usurato, guaito, non guarito, “ossigenato” fra lagrime arrugginite, piangenti la languidezza spettrale d’un polar atemporale. Sotto i temporali, una camminata tormentata, avvolta nell’intemperie, nella basculante stranezza d’un caso (ir)risolto, film solido, “vestito” d’impermeabile sobrio, adrenalinico, d’un duro che “sgranocchia” sigarette marce mentre forti scorrono le emozioni sul selciato dei “ciottolati” dei suoi mille (ri)cor(di), “gracchia”, si spacca, veloce e poi calmo marcia. È Liam Neeson, in un’interpretazione d’antologia, da incorniciare come il parrucchino “ingombrante” della sequenza “sparante” iniziale. D’un incipit meraviglioso, disincantato, sfumato in una fotografia “ocra” del miglior noir contemporaneo, sapor d’antan liscio, vellutato, bang antico, quasi da “antiquari” della Settima Arte più prelibata, raffinata, sulle scale lunghe nella “chiocciola” del guscio e dei segreti di Liam, “(im)mobile” , scattante, nervoso e ieratico, “cimiteriale” fantasma della memoria sua che fa improvviso, lacerante crac. Si rompe, erode, si spezza, si dilania in un’apparenza da cittadino “normale” che, “apatico”, d’aplomb da straniero della vi(t)a, legge sulfureo il giornale dei (mis)fatti. “Bianchi” e nerissimi come il suo pallore che (si) cangia, camuffato dietro un abito da “mon(a)co”, dal Neeson imperscrutabile delle sue performance più nobili(ari). “Mobiliere” di questa/o a walk among the tombstones… Dall’anima(le) di pietra, coriaceo, statuario e “grezzo”, perfettissimo nella calibro calibratissima, maneggiata con la cura dei suoi (det)tagli, soprattutto del suo intimo sangue sgorgante, (s)frenato, allucinato nella detection funereamente torbida, “torvo”, “corvissimo”. Dai capelli brillantemente “sporchi”, corvi(ni)…, “preoccupati”, è “arricciato” nelle incognite (ecto)plasma(tiche) del suo carisma (im)mutabile. Labirintica cera e “cer(v)o” dei dubbi, nella “seta” del suo giubbotto, assetato, mai “in sosta”, uomo “vietato” alla quotidiana tranquillità, bene-o-mal abituato a combattere “con la sordina” della recita(zione)… più elegante. Giungerà la siesta dopo il tormento, dopo il vento di tramontana, dei rossi, accesi, “saturi”, (e)sal(t)anti tramonti lugubri? Dopo il fruscio e il “nevischio” cold della tormenta mnemonica? Altro sparo nel buio, altra spia, espiare, un lungo respiro, i cattivi spirano, un dramma a spirale, narici secche ch’aspirano aria salubre, quindi (mal)sana, piovigginose son le sere non serene. La polizia e un’intermittente, occhieggiante sirena del tuo “claudicare”, passeggiar di toni e tinte fosche, di sopracciglia (so)spese nella (f)utile suspense mansueta, pericolosa, uomo “pericolante”, sull’orlo dei marciapiedi sgretola(n)ti, in c(r)ol(l)o delle paure più tue nascoste, celate, raggelanti, “raffreddore”.

Uno stranuto e la tosse roca, la tua voce rocciosa, Liam, uomo “montagnoso”, non scalfibile, temibile, (s)fortunatamente per te… (in)vincibile. Bile! Il caso è un da(r)do, un gioco del metter le pedine, il tuo p(i)edone “sbirro” a (im)posto(re), e investigatore fra i buchi, le “palle” dei tuoi (at)tributi, la forza d’un ma(s)ch(i)o bellissimo, brutale fra i bru(t)ti. Urla vendetta, latra giustizia, sei ardito, irto, col(pi)to…, divorato. Altre gocce scendon dal cielo, la nebbia dei pensieri, un b(r)anco da scovare.

La preda perfetta

La preda perfetta 2

 
di Stefano Falotico

 

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