Poesia al di là della vita, portiamo fuori i mor(t)i
Andiamo, stavolta, di tes(t)o giustificato.
(In)cinti in “patetico” raccoglimento, facciamo cin cin, abbiamo anche fra noi dei cinesi e qualche brutto cigno, ciao, “carte stracce” del nostro impervio (s)correre in tal vita spesso immonda, portatrice di sventure ma sempre da vivere, appunto, avventurosamente, con la forza creativa delle nostre pulsioni rombanti, tra muri di gomma che non ascoltano la nostra voce e mani di pietra che (non) gua(r)iscono dal loro stesso “incidersi” in masochistici pugni allo stomaco, tra solipsismi (f)utili e prese di coscienza leggere e poi pesanti, “cavaliere” come un mar in burrasca, funestati da mille sba(di)gli, appannati nella nostra brillantezza ch’era, che c’era e forse ancora, nonostante le brutte cere apparenti, fra anguste pareti della ser(r)a, c’è, scalpita, tuoniamo volteggianti e “ispidi”, abbrustoliti da un’altra delusione o da un imperituro giorno ammorbidito nel suo esser pervicacemente duro, (in)frangibili, (s)fatti in bile, (s)costanti, scotta(n)ti, a nostro modo al di là della vita, come mor(t)i a Venezia in uno spettro lagunare senza fon(do), a frotte nel raccontarci frottole, siamo “frittelle” in pa(de)lle, bruciacchiati e ancor (r)esistenti, ché domani sarà un’altra presa lì.
di Stefano Falotico