The Young Pope, alla fine della quarta puntata
Continua il viaggio onirico, sì lo è, come gli squarci “veneziani” sospesi nella notte tragica dell’abbandono dei genitori, di Sorrentino nel suo giovane papa, autarchico, “bambino”, incredulo e incerto, apparentemente forte ma sempre bisognoso di cure affettive, di certezze del passato a cui aggrapparsi, che demistifica il suo misticismo nella segretezza del suo magistero, dei suoi misteri, dei suoi fedeli da lui definiti miseri. E perseverano gl’inganni in questa riflessione sul papato, paternalistica e vissuta d’ansietà, di notti fosche intrisa, di “veggenti” angelicate e diaboliche che stanno ferme impalate, incantate come sindromi di Stendhal in Piazza San Peitro, mortificate dalla grande bellezza, che risvegliano atavici sentimenti nostalgici in Pio il tredicesimo (apostolo?), poco “pio”, pulcino o troppo adulto, un uomo troppo vecchio e quindi giovanissimo, kubrickiano e minato dal mito dell’eremitaggio di Mina e Salinger, costretto in abiti talari da minuscolo grande prete, da eretico perfino, nella scoperta di sé e dei titoli di testa moderni, “discotecari”, come una cometa peregrina, in pellegrinaggio nella sua eterna, eterea anima più bella di Cristo incarnato.
di Stefano Falotico