Silence – Recensione
Urge il dolore mor(t)ale nella purificazione delle anime ansimanti per la sal(i)vazione
In quanti sosterranno questo kolossal dalla fotografia nebbiosa, “acquitrinante”, urlante, spettacolarmente vibrante, sanguigna e passionale, e non si addormenteranno? Fioccano già le critiche superficiali, e gente di poco (s)conto lo disprezza, avvisando i futuri spettatori di munirsi di un cuscino. Perché reputano l’ultima fatica “patibolare” di Scorsese un film lentissimo, noioso “a perdi(f)iato”, da cullarci nelle braccia di Morfeo. Invece, il (co)raggio del titanico Martin s’erge possente e non spossante, di altezza elevata riposante e disossante fra riprese di bellezza sconfinata, paesaggi e passaggi di un’altra epoca, nella “litania” sofferentissima di una persecuzione schiacciata, torturata, “fratturata”, dilaniata in modo straziante e strangolante da poteri inquisitori che calpestarono chi non “calpestava”. Film notturno, elegiaco, mortifero, di teschi ambulanti come Adam Driver col suo cor(po) triturato, anchilosato, magrissimo e cristologico, di figure “patetiche” come Andrew Garfield sto(r)ico, di un Neeson ieratico e orientaleggiante, profeta di alt(r)i suoi personaggi mentori, mentitore qui di una fede (non) vissuta, non (r)espirata per sopravvivere, per campare, per (r)esistere mentre il grido munchiano degli uccisi squittisce languido e pietoso ché forte, viv(id)o s’oppose, in chi fece resistenza per una cristiana esistenza.
Film sofferto, PASSION project difficile, complesso, mentre il mo(n)do di vivere odierno (s)corre nel cinismo e, barbarico, ammazza altre coscienze fedeli a una religione, e martirizza i nostri sguardi dietro visioni che non accecano come questa.
Forse non un capolavoro, forse, ma estremamente perfetto, mirabilissimo, di scuola di un’altra era. Di una volta, ieri scomparso ed estinto, che c’era fra volti marmorei e “violenti” di cera.
di Stefano Falotico