The Grey recensione

Vivi e muori in questo giorno04661721

Passa in tv questa pellicola di Carnahan che dimenticai di vedere al cinema. E me ne discolpo, oggi che le mie turbolenze si son acchetate in un bruciante viver come se il giorno fosse l’ultimo. Ricordo le tempeste adolescenziali, di quando il tempo, misero e infingardo, m’intrappolava in schemi mentali che si rasserenavano solo dinanzi al grande schermo, ove la mia mente, prodiga di speranze, si rilassava, fermando il tempo in uno spazio mesto di contemplazione. Ebbene, questo film di Carnahan mi ha allietato nel sussultare spaventato, rimembrandomi che sono uomo talvolta eremitico, ché anch’io combatto i freddi dell’Alaska in questo bosco di lupi che è la vita nel suo puntellarti ringhiante. Neeson è la faccia giusta, ancora robustello prima che dimagrisse in maniera terrorizzante come nelle sue ultime uscite, ed esibisce una faccia da saggio-duro di forte fotogenia. Il carisma ieratico di un uomo del quale non conosciamo il passato, che sfiora il suicidio ma viene riportato nella dritta vi(t)a dopo un ululato sibilante nel silenzio di una notte fradicia di colpe da espiare. Si ubriaca Liam e poi il suo aereo precipita. Lui sopravvive assieme a un altro manipolo di uomini che non devono chiedere mai, nemmeno il dopobarba. Dei lupi famelici, ingigantiti da effetti digitali di rinomata fattura, si addensano nelle nebbie crepuscolari dei loro cuori e dan loro filo da torcere. Un appetito che insaziabilmente voglion sfamare per soddisfare la loro caccia. Dei babau, dei mostri della notte, mentre il film avanza “omicida” fra le lor gole, rosse giugulari accanite. Il freddo (s)colpisce le ossa, le incancrenisce, altri soccombono, o divorati o linciati dalla stanchezza. Ed è una corsa senza fine, anche i personaggi di Mulroney occhialuto e del solito pimpante Frank Grillo scompaiono nelle tenebre, fra la natura immensa che l’inghiotte, trascinandoli laddove forse dove il paradiso (non) li attende. E stralci di religione cristiana soffocano un po’ la narrazione, in questo canto poetico alle origini brade delle paure inconsce, dell’incubo materializzato dal capo branco. È la fine ma sarà battaglia all’ultimo sangue e morso. Un film non perfetto, ma emozionante, calibrato di giusta dose addirittura di primigenio horror, truculento, vivissimo, fuori dai canoni di Hollywood con qualche concessione però di troppo allo spettacolo e alle regole della suspense prevedibile.

di Stefano Falotico

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