Diario di bordo di Rick Deckard, Blade Runner 2017, quasi 2018

Harrison Ford Blade Runner

Sto qui, a bere sakè caldo che si scioglie nelle mie meningi quasi assopitesi, logorate così come la fatiscenza di questa città decadente che oggi, 4 Ottobre, festeggia il suo santo Patrono, San Petronio. Bologna, come Los Angeles, come una metropoli angusta e nerissima dello splendido noir chandleriano che è la mia vita, che di malinconie incipienti soffia nelle mie tempie stanche di troppa deficienza, di questa mortifera allegria da cui, in cappotto scuro, cerco di estraniarmi, distinguendomi forse per la mia atipicità “nottambula” o soltanto apparendo uno stolto saltimbanco, uno fra i tanti della storia, a rimediare magre, “stolide” figure per via di quell’ancora incurabile ingenuità “stracca” che, seppur m’aiuti negli slanci più sinceri, è fonte di equivoci e perenni fraintendimenti. Fradicio, bagnato, non ancora spento, emozionalmente vivissimo, recettivo a ogni frastagliato cambio di temperatura dell’anima.

La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo…

Bruciarsi o solo riaccendersi, riappropriarsi della visceralità del proprio cuore che, fra mille sbagli e sbadigli, striscia enunciandosi aperto a ogni altro tipo di errore, me, errante cavaliere che sa sprigionar calore quando vuole e di patetiche inezie non si duole, freddo e compassato, elusivo quando troppa vita mi è richiesta e la mia mente non riesce a sostenere l’assurdo, frenetico peso di quest’agitata ansietà. Cadendo traumatizzata dai colpi della superficialità… ah, tipo facile non sono, le mie arabesche e anche “caracollanti”, briccone e da baraccone complicatezze, a uno sguardo limitato che bada solo all’apparenza più evidente del volermi rivestire di un sembiante patetico, ritrarmi secondo quel che gli pare di primo acchito, potrebbero appunto apparire come eterne, sceme vigliaccherie, frutto della negligenza più imperterrita nella sua insistenza alla ricerca di una vita che mai davvero, concreta-mente, si pone. Ma, ripeto, questo è un punto di vista che, sì, mi “aliena”, ma non mi renderà un androide, un concentrato insulso di carne e ossa, non sono un prodotto dell’ingegneria genetica, buono solo, come invece per tanti, i più forse, a ripetere in modo meccanico la reiterazione del proprio vivere, respirare e morire. Inalo vita nella sua complessità e nascono scontri, psicologici conflitti derivanti dall’intelaiatura di tali “difficoltà”, la meravigliosa debolezza dell’essere umano e di quel mio sguardo senziente che va incontro a perentori giudizi facili del manicheismo che tutto vorrebbe etichettare, inglobare in qualche diagnosi da laboratorio aff(l)iggere. Depositare a qualche dipartimento burocratico, a qualche tutore dell’ordine.

Io continuo nell’indagine della mia anima… qualche tempo fa, non molto tempo addietro, da uno psichiatra mi fu posta un’interessante quanto imbarazzante domanda. Cosa, davvero, desidererei dalla vita? Non so, e in questo non sapere, in questo navigar d’inconscio però al contempo così aderente alla vita stessa nel suo coscienzioso lasciar che si modelli di viaggio esistenziale, con molte incognite e poche certe risposte, fluttuo cangiante come il baluginare di raggi b “spettrali” in tal massa oscenamente (ri)spettabile. Siamo fatti di vita pura, di ricordi, di romanticismi perfino stupidi e nostalgici, ardiamo nell’opalescenza delle nostre insonni notti, aspettando l’estemporanea rifulgenza di luminose intensità. Tutto qui, questa è la vita, un perpetuo abisso fatto d’incontri, di dinamiche fra cor(p)i, fra speculari empatie, fra sogni astratti e altri che possano illuderci, nell’avanzamento inesorabile, gracchiante dei giorni e delle lune tristi, in questo incantarci che non smette di stupirci. Finché viviamo…

Quanti amici. Alcuni ti abbandonano, pensando di aver capito tutto di te, di averti inquadrato e quindi, non rispecchiando, tu, secondo loro qualcosa che possa più attrarli, anche affettivamente, ti abbandonano. Altri che ipocritamente ti considerano una persona speciale, danneggiandoti. Perché secondo questi qua essere speciali combacia spesso con essere diversi, ove diversi assume una connotazione quasi spregiativa, limitante e annichilente, soffocante, ribadisco, le straordinarie traiettorie che la (tua) vita in grembo fa (ri)nascere in mille direzioni sorprendenti. Ma rimango qui, a bere, in questa riflessione forse logorroica e pedante, pensando al futuro e rimestando nel passato. E tutti questi momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia.

Blade Runner Gosling

di Stefano Falotico

 

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