La mia preghiera del clown, Totò, tiè tiè
Noi ti ringraziamo nostro buon Protettore per averci dato anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tu che proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi i leoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi come i leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli, fa’ che sulla nostra mensa non venga mai a mancare pane ed applausi. Noi ti chiediamo protezione, ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesse accaderci, fa’ che avvenga dopo lo spettacolo e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini. Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici, tu che sei la vera, l’unica rete dei nostri pericolosi esercizi, fa’ che in nessun momento della nostra vita venga a mancarci una tenda, una pista e un riflettore. Guardaci dalle unghie delle nostre donne, ché da quelle delle tigri ci guardiamo noi, dacci ancora la forza di far ridere gli uomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risate e lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono, ma non importa, io li perdono, un po’ perché essi non sanno, un po’ per amor tuo, e un po’ perché hanno pagato il biglietto. Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura. C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.
A proposito di politica, ci sarebbe qualcosa da mangiare?
(Il grande Totò)
Sì, mi sveglio di buona lena e la mia anima, perseverando nella malinconia, allevio e, rincuorandola di buoni propositi, alleno. Eppur fu gioviale un tempo quando, “giovine”, con incoscienza, viaggiavo sulle ali della felicità più recalcitrante alle stupide regole di un mondo ottuso. Poi, sopravvenne il disincanto eppur ancora tante cose m’incantano, e canto. È una vita da cani, ma non incatenatemi, so abbaiare quando arrabbiato, e mi arrabatto se qualcuno la mia dignità vuol battere. Tante volte il muso batto e nessuna mi sbatto, vago per la casa con far desolante, in pigiama e in ciabatte, ma il mondo, lo so, è pieno di ciarlatani e ciabattini. Meglio io che sciabatto cazzate e vivo di quegli attimi che mi spronano a non mollare, sebbene qualche volta “qualcuna” molli. Sì, le donne non sono molto attratte da me, un molliccio, e faccio il ratto, evacuando il dolore di questo mal di vivere nel poltrire con brio. Molte persone soffrono se non fanno sesso, io non le/o soffro e di pene d’amore non mi dolgo. Dammi, buon Dio, ancor la forza per godere di questa vita che, nonostante tutto, è mia, spesso dai cattivi vien minata, ma io da queste malignità non mi faccio contaminare. E passeggio, scrivendo del mio cuore, che ha in verità più puro sapore di tanti ricchi senz’anima, e mi trastullo sotto la pioggia battente dei miei strani umori.
(Il grande Stefano Falotico, sì, me lo dico da me perché chi fa per sé fa per tre, la Trinità, ah ah)