Black Mirror, quarta stagione: Metalhead
Ebbene, eccoci giunti al penultimo “episodio” di quest’altalenante quarta stagione, Metalhead. Un episodio che ha fatto imbestialire molti che ne sono rimasti profondamente delusi. A me invece è piaciuto, e non poco. Ecco, in un futuro post-apocalittico non ben determinato, fotografato in un arido bianco e nero nitidissimo e cristallinamente mortifero, quasi funereo, tre persone, una donna e due uomini, uno giovane e uno di colore, penetrano in un magazzino per sottrarre del materiale “prezioso” e impossessarsi di uno scatolone. O meglio, a entrare nel covo sono la donna e il nero, il giovane ragazzo aspetta in macchina, fuori, a controllare che i suoi compagni possano agire indisturbati. Il nero viene “fregato” nella sua missione da un robot della sicurezza, che spietatamente lo ammazza, facendogli saltare la testa e disintegrandogliela, la donna in preda al panico fugge terrorizzata ma, anziché entrare nel furgone del suo “amico”, utilizza un altro veicolo. Il robot, indomitamente, fa fuori il ragazzo e guida il furgoncino, inseguendo la donna per le strade mal asfaltate e desolate. Da lì ha inizio una caccia allucinante e la donna tenterà disperatamente di salvar cara la pelle. Ma chi è questo robot? Spiegazioni non ci vengono fornite, intuiamo solamente che, in questa società alla Mad Max, dai panorami brulli, scarnamente spogli, probabilmente esistono questi automi killer a controllo di alcune zone.
Una discesa infernale nella paura, giocata sulla suspense, sulla corsa contro il tempo, scandita dai soliti colpi di scena, però ben congegnati, distillati con sapiente, giusta tensione e qualche attimo truculento ottimamente “dipanato” nei pur scarsi 41 minuti di durata. Ci sono soltanto tre attori, i due uomini vengono uccisi subito, rimane la sopravvissuta, una temeraria e magra Maxine Peake, volto scavato e occhi gelidamente agghiaccia(n)ti. Ma forse non si salverà neppure lei…
Scritto come sempre da Charlie Brooker e diretto da David Slade, si differenzia dalla maggior parte degli episodi di Black Mirror perché rinuncia proprio al “marchio di fabbrica” che ha reso unico questo prodotto antologico, in quanto stavolta, sì, il robot è una “specie” avanzata della tecnologia moderna e futuribile ma sono assenti i temi universali e metaforici che, appunto, ne sono stati lo stilema inconfondibile.
E molti si sono lamentati di questa scelta, di questo registro narrativo e, potremmo dire, diegetico.
È solo la storia di una survivor, con un nemico invincibile e infrangibile, ostinato e tremendo.
Insomma, se da Black Mirror vi aspettate sempre originalità e tematiche avanguardistiche che facciano riflettere, avete sbagliato episodio. Se vi accontentate di un episodio che vi terrà col fiato sospeso, facendovi tremare di raccapriccio, siete “capitati” nel posto giusto. Lugubre, cadaverico, esangue, come il viso emaciato e intagliato nella pietra della protagonista.
di Stefano Falotico