“Sin City”, recensione
La mia peccaminosa città (pro)fuma di polvere, sudore, istinto, scimmie stupende e primordiali, investigativi scismi
Cosa sono i fumetti? Vituperati dalla “cultura alta”, ripudiati proprio a man bassa da chi ha “elevato” la fottuta intellighenzia a “metro” di “valori” validi quanto la pornografica visione sbiadente e rigida ch’obbedisce, “abbellita” da “priorità inappellabili” reputate lapidariamente “giuste”, insindacabilissima nel prostrarsi, inver funerea ed erronea d’ideologia stolida, per l’inchino ammansente dell’immolata coercizione mentale, ch’ostruisce gli orizzonti fantasiosi dei creativi, stupefacenti mutamenti dell’anima.
Anima noi ti nutriamo di sogni a incendiarci, bruciamo d’ansietà nell’avvolgerla come “sonnambuli”. Di nottambulismo oscillanti, sì, fieri del mai aderire ad “adattamenti” così sa(l)v(ific)i. Ornamentiamo proprio il nostro apparente incupirci per spiare il Cuore intrepido del combattimento all’ottusità oscurantista. Permeiamo le nostre “nottatacce” dentro un mescolio che vuol orgoglioso crogiolarsi fantasticamente “superfluo”. Non è vuoto, è assoluto!
In tal “inezia”, così come voi la giudicate, modelliamo un’inappagabile implacabilità adorante della Luna. Noi, figli del firmamento stellato, di galassie planetarie a orbite neuronali “impazzite” nello sguazzar avidi anche sol del solarissimo sparirci enigmatici, flessuosi d’acu(i)to splendor sobrio. Trascendente, onirico e decadente, “disilluso” come i personaggi “ispidi”, maleodoranti, primigeni e “barbarici” di questa “lurida” e anche ludicissima sin city…
Marv scopa di ma(so)chismo Mickey Rourke, la maschera (s)truccata del suo volto “coperto” non è altro che la mai rimarginata ferita del Mickey ferin a se stesso. Attore di razza, generatosi nell’Actor’s Studio, esordisce con Cimino, che poi per un po’ lo glorificherà in altri capolavori “misconosciuti” oggi invece ammorbati da questo bieco, opaco Tempo viscido in cui la memoria della Bellezza plumbea è stata dissolta dalla grigia estetica platinata, “issata” alle frivolezze edoniste del “pagliaccesimo” tanto “moderno” quanto tetro nella sua “brillantezza” oscena. Chi siamo se non spettri (in)saturi nelle fotografie svabate, piovigginanti?
Pugile “fallito”, scrittore di sceneggiature sciatte, “guitto” in partecipazioni straordinarie dai camei notevoli, occhi corrugati a metallo rugoso dei suoi ventricoli nervosi. Romantici come un noir “imbevuto” di atmosfere blade runner… Mickey nostro Marv. Ne siam innamorati!
Marv lagrima la sua sagoma “gobba” e deforme, d’ipertrofia muscolare tanto ruvida quanto “cancerogena” come un’anima incancrenita in eterno, tenerissimo carcere. Sconta la sua p(i)ena, torna “melodioso” in libertà ma non si calma, “inebetito” da fiumi di rabbia sorseggianti il proprio “sgorgarsi” a “rutto” della più primitiva “bestialità” torrida. Una “mummia” che fa paura, claudicante gigante(ggia) fra i nani di tal insolito giallo, sguinzaglia la b(r)iglia sciolta d’un commovente strazio interiore oramai dann(eggi)ato a vita. Come dev’essere ed è infatti Mickey Rourke. “Santificato” da Liliana Cavani, “Michelangelo” carnale, sexy dentro un modell(at)o corpo (im)perfetto nel Francesco più umanista della Storia. Quasi da Hermann Hesse…
Ciondola, raccatta d’amnesia indelebile i cocci rubati d’una sua esistenza “sporca”. Arrugginita dai cancelli del cielo del tagliato, crepuscolare Cuore di pietra. Dagli zigomi tumefatti, “ghigliottinati” in melanconia torbida.
Nessuna Donna può amare una merda così. Un Bukowski peggio di Barfly, la sua Faye Dunaway è qui una Carla Gugino dal culo strepitoso e “insormontabile”. Spogliarellista ma gran puttana di “corte” per buffoni e balordo darla via… come tutti e tutte. Sai quanto gliene può fregare dei cazzi alla Mickey.
Il film lo fa Marv/Mickey. Appena “invisibile” entra, “penetra” in e la scena, come se sventrasse il suo carisma del magnetico vampirizzare il bianco e nero di Rodriguez, “spappola” di grindhouse il nostro schermo percettivo, lo graffia di scratch a ubriaco scotch mnemonico del suo monumentale essere “follemente” Rourke. Stuntman Mike non è Kurt Russell, è Mickey. Unico perché così è nato, così si connatura Marv, (il) solo come un cane bastonato. Incazzato, in rancori solitari misogini, fumanti sigarette bastarde per “fischiettare” tragicomico nella lercia città del Peccato.
Il resto (s)compare, Tarantino piazza due o tre genialate, Rodriguez “gela” Bruce Willis nel detective che già abbiamo visto in altri suoi characters tosti e di “porfido”, lascia che gli altri sian appunto delle “comparse” presto dimenticabili dietro intraviste ma insistenti, ossessive voci narranti, “noiose” quanto fascinose nella miscela carburante di tal cinecomic rifulgente a tutta sua particolarità “fastidiosa”, ricercata e dunque originalmente fantastico…
La trama è un pretesto, poi non c’è. Frank Miller vien plasmato a esperimento azzeccatissimo, rivisto con occhi da planet terror…
Perché questo Mondo fa schifo, tutto va in malora, la gente s’imborghesisce, grida volgare ma guida “felice” delle station wagon per il buonismo crescente e inaffondabile dello squallido gioiellino “formato famiglia”.
Tutto peggiora, ingombra. Ai grandi non resta che sviluppare il proprio mare… fortificandosi rocciosi come Marv lo “schifoso”.
Piove forse grandine. Meglio Marte!
(Stefano Falotico)