“Casinò”, recensione
Casino
Magnifico… lancinante, rosso
Boato, “belato”, botto!
Sam Rothstein apre la porta, “danza” mattutino nell’imbrunita prima alba soffusa, ultima e “postuma”, funebre discesa all’Inferno, sfavillante nel cremisi abito “cucito a epidermide” del suo altezzoso battito cardiaco. Accende il motore, viene “folgorato” dallo “scoppio”, una brace lapidaria, stinta di ferocia a divorarlo, e ballonzola “tramontante” nei vulcanici ma scremati, saturi, “variopinti” e mortiferi titoli di testa di Saul Bass, tersi e “detergenti”, sgorganti e inondati, ondulati nel martirio del Battesimo rinascente.
A estinguer la sua storia, zolfo magmatico di un’anima rapita dall’arido vento, dagli abissi vividissimi, viscidi e vischiosi, incancreniti nei puerili ma già putrefatti, fiammeggianti “nitori” natanti attorno all’inequivocabile, ne(r)vosa tragedia shakespeariana, anzi sospirata d’espiazione dostoevskijana.
Un altro “idiota rapace” come tanti personaggi di Scorsese, che li traveste a volte, anzi li avvolge, di burlesca, carnascialesca (auto)ironia per “scolpirli” nel più nero rapimento e nel precipizio “ozioso” della caudina morsa, delle cadute nella logiche, nella rete e nelle ragnatele “mistiche” invitte del Mondo, con le sue regole “trasgressive” solo dietro leciti, “laidi” ma cheti, “abbaglianti” compromessi a non turbar, appunto, la quiete se si vuol agguantare il Dream americano del requiem.
Un Angelo camuffato dai suoi “imperturbabili” demoni. Eclissato “tenuemente” nella tenaglia “gracile” ma spietata dello scricchiolio suo erto, quanto già arso.
Brucia Sam, aspirato nell’arroventata “cascata” sinuosissima del vampiro antropofago a succhiarne il sangue.
Tutto De Niro è nerezza del Martin inquieto, nella “tomba” ambigua del Giordano, il fiume delirante, “religioso” ma diabolico degli orrori patiti, “scheletrici”, scandagliati d’asma soffocante. Crematorio, sì, forno… dei peccati, dell’irriverente, “galante” fornicazione aggrappata alle baluginanti estasi e “brunite”, scurite dall’“ossidrica” scure della forca. Della “forza” nelle fratture, dell’incrinata energia dinamitarda nell’ossario dei polmoni infranti.
Angoscia…
Un inizio (d)alla fine, un “immortalato” flashback d’oscillante, “flemmatica” e corrosiva, indolenzita, “brillante” torpidezza “striata” d’incendiario boom(erang).
Scorsese non rifà Quei bravi ragazzi, va oltre addirittura, s’innerva nella cupidigia dei nottambuli, patibolarissimi vizi cupi del “lupo” ancor più mostruoso. Sì, ancora la sua pelle squamata, squagliata di crudeltà ferina solo all’efferatezza di sé.
Nel bosco dei desideri, della “dolce” fragola “paradisiaca” delle “prelibate”, succose mele…
Se Daniel Plainview de Il petroliere si sazierà della sua avarizia desertica, nel Deserto delle anime di Martin, invece, Sam fa il passo più lungo delle sue “bugiarde” gambe. Della sua “velocità”.
Non un manovale del crimine, non un goodfella, ma un “radioso”, orgoglioso “maniscalco” scalzissimo (che rigoglio, che rivoli…) dell’intuitivo genio ambizioso che non calcolerà la disumana macchina a ingranaggi della slot–machine dei potenti, lui che spia ed è solo la voglia matta di chi gli è voyeur, il (suo) “capriccio” violentissimo allo specchio disintegrato, di coloro che stan più in alto.
C’è sempre qualcuno al vertice, un gerarca demiurgo e punitore, il serpente-“Dio”, le bestiali “arche di Noè” della tua fame animalesca.
Così Sam s’avventura in un’impresa leggendaria, enorme ma “microba” dinanzi alla dura legge dei forti. Ove Darwin ammonì gli agnelli a non toccare l’appetibile “gusto” dei leoni, Sam “infilzerà” i suoi rapidi occhi “entomologi”, dilaniando la sua carne nell’ammanicata tana di “mano” ai ve(t)ri vincenti.
Al suo ventre…
Prima azzecca, indovina tutte le “carte” e le mosse nel “Poker”, quindi viene derubato del suo stesso dono “veggente” troppo “scaltro”, da chi è scattato presto in piedi senza requisiti, dunque azzardato d’att(rit)o “scellerato”.
Azzannato. Nudo e scalzato.
Nel gioco di chi è cattivo davvero, la tua anima, forse non lo sai, presto spolpata è, non fu mai, in-gloriosa, ingorda fine sarà.
Sale, sale, sale tutti i livelli ma s’innamora d’una prostituta, Ginger, ed è parecchio affezionato al paranoico, matto e traditor suo “Giuda”, Nicky Santoro, l’amico d’infanzia…
Il “capitale” dell’invidia.
Chi “decolla”, di collasso emotivo ed “ematico”, vien sgozzato.
E Sam, pian piano, perde tutto. Troppo trasparente per resistere nella sporcizia “pura”. In fondo, troppo puro in mezzo ai porci. Ai truffatori dei “tuffi” con piscina “liscia come l’olio”.
E ar-riva la rovina, inghiottendolo di “scommessa” (im)pre-vista…, lo mangia vivo di sua stessa “mira” al bersaglio, di suo campo minato.
Capolavoro mitologico.
(Stefano Falotico)