L’uomo sul treno, recensione

The Commuter PosterThe Commuter Liam NeesonEbbene, L’uomo sul treno, o The Commuter in originale, cioè il pendolare.

Ma prima di addentrarmi in maniera recensoria nel film e nella sua intelaiatura, direi per un istante di soffermarci su Liam Neeson. Non ci sono molte monografie in giro su di lui, anzi, credo non ce ne siano affatto e, se qualcuna c’è, è rimasta ferma al Liam Neeson di una decina d’anni fa, prima della sua svolta action, insomma, prima di Io vi troverò e del franchise Taken, la saga per cui Neeson si è stagliato nel panorama cinematografico mondiale come imbattibile divo e uomo apparentemente ordinario tutto d’un pezzo che, per circostanze avverse, è costretto a imbattersi in situazioni pericolose ove darà sfoggio di tutta la sua grinta virile, avvalendosi di muscolare atletismo insospettabile, celato dietro un’inappuntabile maschera da impassibile uomo comune.

Al che Neeson, non rinunciando comunque al suo imprescindibile percorso autoriale (vedi Silence di Scorsese), comincia decisamente a prenderci gusto anche perché il pubblico lo apprezza notevolmente in queste parti granitiche e quasi ginnastiche da immarcescibile duro che si piega ma non si spezza e alla fine acciuffa i cattivoni grazie alla sua caparbietà e alla sua imperitura, inaffondabile tenacia.

E Neeson incrocia Jaume Collet-Serra, un giovanissimo regista della Catalogna che ha sbancato a Hollywood grazie ad Orphan. I due si affiliano e fanno coppia fissa, regalandoci negli anni tre thriller al cardiopalma, inventivi e sofisticati, ovvero Unknown, Non-Stop e il bellissimo Run All Night.

In cui Neeson, appunto, mette in mostra la sua versatilità, cimentandosi ancora una volta nella parte del massiccio e marmoreo uomo combattivo che deve cavarsela e districarsi con rilucente ingegno e arguzia, potenza fisica e ardua audacia in mezzo a situazioni davvero ostiche.

E arriviamo quindi alla loro quarta collaborazione, L’uomo sul treno.

Neeson è qui Michale MacCauley, un normalissimo agente assicurativo che vive fuori New York con la moglie (un’irriconoscibile e molto invecchiata, quasi sciupata Elizabeth McGovern, sì, proprio Deborah di C’era una volta in America) e il figlio, e ogni mattina, da dieci anni, prende regolarmente il treno che lo conduce sul suo posto di lavoro, al centro nevralgico della Grande Mela.

Un bel giorno viene arbitrariamente licenziato. E ora come farà? Le spese che deve sostenere sono tante e deve inoltre iscrivere il figlio a una dispendiosa scuola molto prestigiosa. Non può deluderlo…

A questo punto, mentre ogni sua certezza sta vacillando e con sguardo disperato, dimesso, sta prendendo il treno di ritorno verso casa, viene avvicinato da una misteriosissima donna conturbante (Vera Farmiga) che gli propone un giochetto rischioso ma che potrebbe fruttargli molti soldi. Gli dice che per lui sono già pronti venticinquemila dollari, sistemati in un bagno del vagone, e poi altri 75.000 se porterà a termine una delicata missione. La missione consiste nell’individuare un pendolare che invero pendolare non è, è una persona ricercata chiamata fittiziamente Prynne, diretta a Cold Spring. I soldi saranno tutti suoi se riuscirà a individuarla e a impiantare un localizzatore nella sua borsa.

MacCauley crede si tratti di una provocazione innocente, la donna scende dal treno, lui però, incuriosito, va in bagno per appurare davvero se da qualche parte sono nascosti i soldi. Ecco che con sua somma sorpresa, sbigottito e al contempo eccitato, li trova.

Ora, non può più tirarsi indietro, ha accettato la sfida… anche perché la donna gli telefona e lui comincia a non credere ai suoi occhi. È sotto scacco e la donna lo ricatta, minacciandolo. Gli dice che, se non porterà a termine ciò che ha appena iniziato, la sua famiglia verrà uccisa.

MacCauley è al centro di una cospirazione ma non ha alternative. Eroe e preda. Deve in ogni modo trovare Prynne e non hai più un solo minuto da perdere. Strani accadimenti avvengono attorno a lui, tutti i passeggeri del treno adesso ai suoi occhi si palesano come sospettati.

Al che, MacCauley, dovrà recuperare le sue abilità investigative da ex poliziotto, e giovarsi di tutto il suo intuito e di tutta la sua gagliardia per salvare la sua famiglia, lottando contro il tempo in un adrenalinico, palpabile crescere vertiginoso della tensione.

Un film a metà strada fra Hitcock e Assassinio sull’Orient Express, una detecton sui generis tutta giocata su ossessivi primi piani del volto magrissimo e spigoloso di Neeson, e Collet-Serra incede a captare ogni sfumatura delle sue nervose espressioni, incollandovisi con la macchina da presa per scavare nelle sue rughe e in ogni impercettibile dettaglio silenzioso ma eloquente, compenetrandosi filmicamente e ritmicamente nella sua anima turbata ma agguerrita e testarda. Ci mostra allora il suo sudore, la sua rabbia trattenuta e poi esplosiva, calibrando meticolosa suspense intervallata da scene di combattimento interminabili e iperrealistiche, eccessive e quasi fumettistiche. Allora, se accettate l’assurdità dell’assunto e la spericolatezza perfino grottesca e inaudita delle scene d’azione, verrete appagati certamente. E ne sarete ampiamente soddisfatti. Perché L’uomo sul treno non ambisce a essere un capolavoro ma un “b movie” dal grosso budget col propulsivo e pulsante cuore naïf. Un genuino film di genere come se ne facevano una volta, aggiornato ai tempi stilistici del Cinema d’oggi.

Dopo l’inizio ellittico, Serra si diverte fra piani-sequenza mirabolanti, sostenuti anche da una bella e fine computer graphic, e gioca sapientemente con l’unità di spazio claustrofobica del treno e dei suoi vagoni. E va certamente lodata, al di là dell’evidente inverosimiglianza, la sua tecnica registica,

E gli esordienti sceneggiatori Byron Willinger e Philip de Blasi non brillano certo per originalità ma, alla loro prima prova, ci hanno servito un script asciutto e compatto, senza fronzoli. Alle volte incongruente ma godibilissimo.

Nel ricco cast, anche il redivivo Sam Neill e Patrick Wilson.

Insomma, se avete voglia di un film secco e diretto, intelligente ma non cervellotico, questo è il film che dovete comprare quanto prima in Blu-ray. Per gustarvelo tutto d’un fiato, lasciando perdere bellamente l’attendibile logica. Perché i conti non tornano, ma ce lo siamo avventurosamente goduto.

Sì, l’attempato Neeson ha una prontezza di riflessi pari a Bruce Lee nei suoi giorni di gloria, salta da un vagone all’altro come Michael Jordan dei tempi d’oro, casca fragorosamente a terra e si rialza come se nulla fosse, picchia e ne prende di santa ragione ma, a parte qualche graffietto e un po’ di sangue, rimane praticamente illeso.

Ed è puro spettacolo da spararsi negli occhi senza pensare troppo.

Sam Neill as "Captain Hawthorne" in THE COMMUTER.

Sam Neill as “Captain Hawthorne” in THE COMMUTER.

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di Stefano Falotico

 

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